"LA VERA STORIA DELLA LUNGA MARCIA" di Harrison E. Salisbury - quarta parte

09.01.2023

Ben trovati al numero post-natalizio de "Il magazine letterario".

Come i più attenti noteranno, la mia idea di finire la recensione de "La vera storia della lunga marcia" entro l'anno era leggermente sbagliata, visto che l'ultima parte verrà pubblicata già nel 2023.

Continua anche il mio racconto "La dodicesima luna".

Nella speranza che abbiate trascorso un felice Natale, vi porgo i miei migliori auguri per uno splendido 2023.

Posso immaginare i sarcastici commenti di qualche mio conoscente, ma, come si suol dire, "la speranza è l'ultima a morire"; evitiamo di citare i Litfiba sull'argomento. Questa l'hanno capita solo i loro fans.

"LA VERA STORIA DELLA LUNGA MARCIA" 

Un pasto in un ristorante di classe costava un dollaro; con cinque dollari si poteva comprare un maiale di cinquanta chili; per due una pecora grassa; per uno cinque polli; con dieci centesimi una dozzina di uova; con cinquanta centesimi cinquanta chili di verdura.

Sembrerebbe una pacchia, ma spesso accadde che ci fossero molto più oro e argento che riso. Avevano così tanta disponibilità economica anche perché, tutte le volte che venivano indirizzati ai nascondigli delle ricchezze dei signorotti locali da qualche delatore, li "requisivano". Con quei bottini pagarono ogni cosa fosse loro fornita dal popolo. Elemento fondamentale per farsi benvolere dalla gente comune, quando, invece, i loro avversari depredavano con la violenza.

Posso vedere chiaramente la scena quando, giunti in una zona montuosa, si videro costretti a far scendere dalle barelle i feriti, che dovettero arrampicarsi sulla parete rocciosa, oppure essere trasportati a spalle; con i cavalli andò anche peggio: molti andarono perduti con i loro stallieri, e quelli che si ruppero le zampe non si contavano più. Non so a voi, ma a me, immaginare tutto quel mare di sofferenza risulta insopportabile.

Giunti nel Guizhou, incontrarono i Miao, una minoranza etnica diversa dagli Han, l'etnia dei soldati rossi. Assistettero a scene incredibili di povertà e degrado: quella era la terra dell'oppio, dove praticamente tutti lo fumavano.

Erano talmente poveri che spesso le ragazze lavoravano nude nei campi, perché non possedevano vestiti; in molte famiglie, lo stesso paio di pantaloni veniva usato a turno dai vari membri.

Vivevano in tuguri di paglia e fango; le case migliori erano fatte di legno annerito; il bestiame era in pessime condizioni.

La mortalità infantile era tale che per celebrare la nascita si attendeva almeno un mese.

I bambini venivano venduti a chi li voleva, le bambine spesso soffocate o annegate.

Alla vista di quegli Han, i membri dell'Armata Rossa, i locali fuggivano terrorizzati, perché erano esponenti di quell'etnia che in passato li aveva costretti a rifugiarsi in quella zona brulla e rocciosa, e a condurre quell'esistenza miserabile.

Io sono sempre stato orgoglioso della mia capacità di visualizzare ciò che leggo, ma di fronte a cose del genere, quasi preferirei non averla.

(continua)


                                                                                                               PROMOZIONE EDITORIALE

"LA DODICESIMA LUNA" di Fausto Tomio

quinta puntata

Sulle banchine di Annyport, ormai quasi deserte e spazzate senza posa da un vento gelido, un umano di forme massicce, intabarrato in uno scuro mantello foderato di pelliccia, sembrava attendere qualcuno con molta impazienza. Poco lontano, riparate sotto una tettoia, in mezzo ad alcune botti, stavano altre due figure, piuttosto basse e tozze, appoggiate a due asce da combattimento a doppia lama.

"Calmati, Helmut, la nave arriverà" disse uno dei due nani, dalla lunga barba rossa.

"Perché non è già qui?" brontolò l'umano, raggiungendoli.

"Hai visto le condizioni del mare?" disse l'altro nano, la cui barba biondo scuro era striata di nero.

"L'Avvoltoio del Mare se ne ride delle ondate, è una nave inaffondabile, e il suo equipaggio è in gamba, ecco perché ho portato loro con me, per questa impresa: sono la mia nave ed i miei uomini migliori."

"Uomini?" ironizzò Faric Barbarossa.

"Si fa per dire, se stessi ad enumerare tutte le razze e le provenienze di coloro che lo compongono faremmo notte."

"A proposito di notte, è quasi ora di cena" ricordò Gloar Barbaditigre.

"Hai ragione" rispose Helmut il Mercante, il quale non aveva mai permesso in vita sua che le

preoccupazioni, per quanto gravi fossero, interferissero col suo formidabile appetito.

"Bene, si va a cena!" gongolò Faric. "E la nave?"

Helmut alzò le spalle. "Sanno dove trovarmi. La locanda dove alloggiamo mi appartiene e loro lo sanno".

"Credevo che fosse di quel gigante in gonnella" disse Gloar, sistemandosi la lunga barba striata.

"Gerda è solo una prestanome."

"Curiosa usanza" notò Faric.

"A volte è utile" tagliò corto il mercante, lisciandosi i corti capelli biondi. "Andiamo, qui fa freddo ed ho fame."

"Bah! Dei nani se ne ridono del freddo! Però anche noi abbiamo fame" rispose ridendo Faric.

Avevano appena terminato un lauto pasto, tutt'altro che leggero, quando la porta della stanza riservata in cui si trovavano si aprì di schianto. I due nani, temendo di essere sotto attacco, in un attimo si erano impadroniti delle asce ed erano pronti a dar battaglia.

(continua)




Fausto Tomio scrittore
Fausto Tomio scrittore

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