"CAPITAN TEMPESTA” di Emilio Salgari. Prima parte

13.03.2023

Introduzione

Benvenuti.

Da questa settimana comincia una recensione in tre parti di un romanzo di Emilio Salgari. Avendo già parlato dell'Autore, vi rimando a quell'articolo, per semplificarvi la ricerca metterò i link biografici più sotto.

Continua "La dodicesima luna".


"CAPITAN TEMPESTA" il romanzo

Come avevo preannunciato qualche settimana fa, alla conclusione dell'articolo su Emilio Salgari, parlerò di qualche suo romanzo. Visto che nel suddetto articolo avevo nominato Capitan Tempesta, comincerò proprio da lei. Sì, lo so, sarebbe forse stato più logico che cominciassi con Sandokan, o col Corsaro Nero, visto che sono più noti, ma a me piace andare contro la logica corrente e di loro parlerò in futuro; per il momento beccatevi la bella Eleonora. E la perfida Haradja.

La vicenda comincia nel 1571 a Famagosta, ultimo baluardo del potere veneziano a Cipro, sotto pesante assedio turco.

I primi personaggi ad essere presentati sono un sedicente capitano polacco, una specie di rodomonte, grande, grosso, venale, iroso e invidioso, il "cattivo" perfetto, insomma, il capitano Laczinki; e il secondo in comando di Capitan Tempesta, un perfetto giovane gentiluomo, elegante e raffinato, di nobile aspetto, che in quel momento sta spennando a zara il più attempato antagonista, il signor Perpignano.

Capitan Tempesta entra in scena poco dopo, quando viene a chiamare alle armi i suoi soldati, che      fanno da spettatori al gioco: una delle porte della città è sotto attacco, come si evince dal rombo continuo delle artiglierie, quindi sarebbe il caso che gli uomini sotto il suo comando andassero a dare una mano, invece che oziare in una bettola.

                                                                                                                                  PROMOZIONE EDITORIALE

Il collega polacco comincia a bersagliare il nuovo arrivato di frecciatine, piuttosto offensive,    finendo per mettere in dubbio il suo sesso (lei afferma di essere un uomo, ma lui non ci crede), oltre che il coraggio e il titolo nobiliare. Capitan Tempesta risponde a tono, e lo sfida ad una prova di valore, pur senza scontrarsi tra loro, in quanto i difensori sono già pochi, quindi non è il caso che prendano ad ammazzarsi fra loro.

Decidono così di affrontare, uno alla volta, ovviamente, un giovane guerriero turco che ogni mattina viene a sfidare a singolar tenzone i cavalieri cristiani, Muley-el-Kadel, figlio del pascià di Damasco.

Il polacco, sicuro dei propri mezzi e, almeno a suo parere, galante, si offre di sfidare per primo il nemico, togliendo così il fastidio al collega. Se dovesse perdere, si farà musulmano e andrà a combattere con i turchi, visto che il suo unico interesse è il tornaconto personale: pecunia non olet, che il soldo venga dalla Croce o dalla Mezzaluna, poco importa. Ovviamente verrà sconfitto e passerà ai turchi, coi quali farà una carriera migliore che coi cristiani. Altrettanto ovviamente, Capitan Tempesta vincerà lo scontro, ferendo seriamente l'antagonista, ma si rifiuterà di finirlo, e ciò avrà una grande rilevanza nei successivi avvenimenti, anzi, nella vita stessa della combattente cristiana.

                                                                                                                                  PROMOZIONE EDITORIALE

link utili

https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Salgari

https://www.treccani.it/enciclopedia/emilio-salgari_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

https://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1520&biografia=Emilio+Salgari


"LA DODICESIMA LUNA" tredicesima puntata

La realtà era un po' diversa, in effetti, poiché fra i gruppi di avventurieri la morale non era quella della popolazione normale. Elfi ed umani che facevano parte di una compagnia, avevano ampie possibilità per conoscersi ed apprezzarsi, al di là degli stupidi pregiudizi che permeavano chi non viveva certe esperienze estreme, durante le quali l'angolo visivo cambiava profondamente: se un orco stava per calarti la sua clava sul cranio mentre eri immobilizzato, che ti importava che fosse un appartenente alla tua razza ad ucciderlo? Se qualcuno ti salvava la vita, non aveva diritto ad essere considerato pari a te? Certo, per un elfo, un umano aveva delle pecche, però, a ben pensarci, anche un umano pensava lo stesso di un elfo… e allora, perché non ci si poteva considerare pari, e al diavolo il resto? Se poi i due individui in questione erano di sesso diverso, non era poi raro che decidessero di studiare più a fondo la questione, cercando le affinità e godendo delle differenze.

Così, alla fine, le due elfe avevano superato le loro diffidenze nei confronti di Elaine, che si era dimostrata un'ottima compagna. Se ciascuna era riuscita a diventare amica della mezzelfa, perché avrebbero dovuto incontrare difficoltà ad esserlo anche loro?

Ormai, dalle caute chiacchiere formali, erano passate ad un allegro cicaleccio, proprio di tutte le femmine, di ogni razza ed età, mentre spettegolano, quando apparve all'entrata della baia un veliero completamente dipinto di nero, vele comprese, dalle forme slanciate e dall'alberatura immensa, che filava come uno squalo. Sul pennone più alto sventolava una bandiera nera con una spada dalla lama leggermente curva che grondava sangue. Non lo avevano mai visto, ma non ci volle molto per indovinare a chi appartenessero nave e vessillo.

                                                                                                                                 PROMOZIONE EDITORIALE

"Kunhir!" esclamarono insieme.

Si diressero all'estremità della banchina ed attesero che attraccasse.

Spinto dal forte vento, lo snello veliero impiegò ben poco ad avvicinarsi e gettare l'ancora.

Dalla murata della nave un gruppetto di figure le salutavano. Kunhir non era venuto solo.

Le due elfe riconobbero anche l'alta e giunonica Elettra, come al solito nerovestita e con la folta e lunga chioma bruna che garriva al vento; accanto a lei, più bassa e minuta, con i capelli biondi che sembravano eternamente usciti sconfitti da uno scontro all'ultimo sangue con un tosacani, vestita di un mantello rosso e poco altro, Alice; la bassa e scheletrica sagoma di Ulrich, l'alchimista; infine Angus 'Lo Sciacallo', alto ed emaciato, con la famosa coda di cavallo biondiccia che sventolava, gli    affilati lineamenti e la perenne barba di tre giorni, che lo qualificavano per ciò che in realtà era: un predone senza scrupoli. Il suo soprannome non era immeritato. Attorno a sé aveva un gruppetto di brutti ceffi par suo, anche se più giovani, che sembravano adorarlo. Tutti loro portavano corazze di cuoio, daghe, pugnali da lancio, archi e frecce, spade, chi lunghe, chi corte. Si era fatto degli adepti a quanto pareva.


Fausto Tomio scrittore
Fausto Tomio scrittore